Epilessia, ancora un tabù parlarne al lavoro

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  • Published: 26 mar 2021

Il 42% degli intervistati – qualora gli venisse diagnosticata – avrebbe timore per le sorti del proprio lavoro e il 34% non ne parlerebbe ai colleghi e alle colleghe.

  • Ricerca condotta da SWG per conto di Angelini Pharma: 4.000 intervistati in cinque grandi paesi europei (Italia, Spagna, Francia, Germania, UK) sulla percezione dell’epilessia, in occasione del Purple Day, la giornata internazionale di sensibilizzazione sulla epilessia;
  • Secondo la maggioranza degli intervistati le persone con epilessia - una delle patologie neurologiche più diffuse, con 6 milioni di casi in Europa[1], 000 solo in Italia[2] - sono persone normali, ma il 40% degli intervistati non ne parlerebbe sul lavoro;
  • Chi conosce persone con epilessia, infatti, sa possono condurre una vita normale, ma ha esperienza diretta dei pregiudizi che deve affrontare chi ne soffre.

Roma, 26 marzo 2021 – Sono 4.000 i cittadini e le cittadine europee intervistati da SWG per conto di Angelini Pharma in occasione del Purple Day, la giornata internazionale di sensibilizzazione sulla epilessia. Ne emerge un quadro solo in apparenza rassicurante: la maggior parte degli intervistati nei cinque Paesi coinvolti nell’indagine ritiene infatti che le persone con epilessia siano persone del tutto normali, soprattutto se assumono regolarmente i propri farmaci. Anche da un punto di vista lavorativo più della metà degli intervistati ritiene che le persone affette da epilessia possano fare qualsiasi mestiere. Tuttavia, alla domanda “se tu avessi l’epilessia, ne parleresti con i tuoi colleghi o avresti paura di perdere il lavoro?” oltre il 40% degli intervistati in tutti i Paesi risponde che avrebbe timore di essere licenziato e oltre il 30% non condividerebbe l’informazione sulla propria malattia con i colleghi e le colleghe.

L’ambito lavorativo sembra essere quello meno inclusivo per le persone con epilessia, più a rischio di discriminazione. A questo proposito Giovanni Battista Pesce, Presidente dell’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia), commenta come non si tratti solo di una percezione: “In generale, uno dei problemi è proprio quello degli ostacoli, anche per la carenza di norme inclusive, incontrati dalle persone con epilessia che devono dichiarare di assumere farmaci: questo aspetto – che permette loro di vivere una vita normale – li esclude molto spesso da opportunità lavorative. Inoltre, il fatto stesso di dichiarare la patologia e la possibilità che possano sopravvenire delle crisi sporadiche può essere oggetto di esclusione di fronte a opportunità lavorative, anche nel caso in cui un’eventuale crisi non abbia alcun impatto sulla mansione da svolgere.”

Persone con epilessia: sono come le altre

Alla domanda se chi convive con l’epilessia possa essere considerata una persona “completamente normale” o “completamente normale se la patologia è tenuta sotto controllo con medicinali”, l‘82% degli intervistati in Italia risponde affermativamente. Una risposta analoga a quella di 3 intervistati su 4 nei Paesi oggetto dell’indagine. Il dato sembra confermato anche quando agli intervistati viene chiesto cosa possano fare, secondo loro, le persone con epilessia: l’80% di coloro che ne conoscono personalmente riporta che “possono condurre una vita normale nella maggior parte dei casi”. La percezione sembra però cambiare in base al fatto di conoscere o meno persone affette da epilessia: in Germania, solo il 51% di chi non conosce persone con epilessia pensa che queste possano vivere normalmente. Altro punto importante, di nuovo, è quello lavorativo: in media, solo il 63% degli intervistati ritiene che le persone con epilessia possano svolgere la maggior parte delle professioni (con l’eccezione della Germania, dove il campione si attesta sotto il 50%).

Le possibili discriminazioni

Alla domanda se le persone con epilessia possano soffrire di forme di discriminazione, in media il 57% del campione risponde affermativamente. Sono molti i timori che sorgono di fronte all’ipotesi di scoprirsi affetti dall’epilessia, non solo in ambito lavorativo. La stessa reazione si riscontra, seppur in misura minore, alla domanda “Se tu avessi l’epilessia, avresti paura di rivelarlo?”. Il 30% degli intervistati avrebbe timore a comunicare la propria malattia ai colleghi, il 26% a un amico, il 18% a un familiare. Mentre in Italia il timore di comunicare la propria malattia è superiore tra chi non ha conoscenti diretti con epilessia, negli altri Paesi avviene esattamente il contrario.

La conoscenza diretta di persone con l’epilessia influenza i giudizi

Ma come conoscono l’epilessia le persone intervistate? La stragrande maggioranza (99%) del campione afferma di aver sentito parlare di epilessia anche se solo pochi dichiarano di conoscerla bene (il 57% dichiara di conoscere “abbastanza bene” la patologia, il 13% “molto bene”). La fonte maggiore di informazione sulla patologia passa per la conoscenza diretta di persone con epilessia, il 36% in Italia, verso una media del 38% dei cinque paesi. Questo permette di avere una percezione più positiva di chi non ha una conoscenza diretta. Ad esempio, il temine “disabilità” è associato meno frequentemente alla patologia tra chi conosce direttamente chi ne soffre rispetto a chi non ha una conoscenza diretta: il 17% contro il 26%; la Spagna è l’unico paese in controtendenza, con il 17% tra chi conosce persone l’epilessia e 14% tra chi non ne conosce. La media degli intervistati dei cinque paesi è del 26% tra chi conosce persone l’epilessia contro il 30% tra chi non ne conosce.

La conoscenza diretta dell’epilessia fa però sì che si valutino più realisticamente le difficoltà che deve affrontare chi ne soffre: il termine “pregiudizio” è associato più frequentemente alla patologia da chi conosce una persona con epilessia, 28% contro 18%, con la media degli intervistati dei cinque paesi che si attesta al 18% contro il 15%, segno che chi conosce chi è impattato dalla patologia conosce anche le implicazioni sociali che continuano a esistere.

La conoscenza dell’epilessia è ancora superficiale

In media, quasi un quinto del campione (in Italia è il 15%) crede che l’epilessia sia una patologia trasmissibile, oppure non sa dare una risposta se sia trasmissibile o meno. Inoltre, con l’eccezione molto significativa della Germania, la larga maggioranza degli intervistati (l’89%) vede nelle convulsioni il principale sintomo dell’epilessia, mentre sono solo una delle possibili manifestazioni della patologia. Il 60% degli intervistati tedeschi indicano invece al primo posto la perdita di conoscenza. Infine, quanti saprebbero come intervenire in caso di una crisi epilettica? Meno della metà degli intervistati, con l’eccezione del Regno Unito (51%), sarebbe in grado: il 29% in Italia. Ancora più basso il valore tra chi non conosce persone con epilessia, con una media del 22% degli intervistati dei cinque paesi.  In ogni caso, oltre il 70% della popolazione intervistata mostra un deciso interesse ad avere più informazioni sull’epilessia (il 65%), sulle sue conseguenze nella vita quotidiana di chi ne è affetto (il 67%) e vorrebbe saperne di più su come prestare aiuto in caso di crisi convulsive (il 75%).

La ricerca mostra come di epilessia in realtà si parli, e molto, ma non si sappia ancora abbastanza. È fondamentale sensibilizzare la popolazione, per far conoscere meglio la patologia e soprattutto favorire l’inclusione delle persone che ne sono affette” conclude Agnese Cattaneo, Chief Medical Officer di Angelini PharmaL'epilessia porta con sé numerose conseguenze neurobiologiche, cognitive e psicosociali. In molte parti del mondo, la malattia è ancora stigmatizzata. Un terzo dei casi rimane refrattario ai trattamenti medici e lo sviluppo di nuove opzioni terapeutiche è per questo necessario. Angelini Pharma vuole fare la sua parte e favorire le migliori condizioni per chi soffre di epilessia nella nostra società, anche con un nuovo farmaco per il trattamento delle crisi a esordio parziale negli adulti: un altro passo per avvicinarsi a una vita normale per tutte le persone con epilessia”.

 

[1] World Health Organization. Neurological disorders: public health challenges. WHO Press, World Health Organization, 20 Avenue Appia, 1211 Geneva 27, Switzerland, 2006.

[2] Ibidem.