Il gioco

Il gioco e l'acquisizione del linguaggio sono due elementi fondamentali per lo sviluppo mentale del bambino. Attraverso il gioco è possibile capire il piccolo, i suoi bisogni, le sue fantasie. È largamente usato per tutte le psicoterapie infantili ed è utilizzato come sostegno per i bambini ospedalizzati che devono ricevere cure mediche. Il linguaggio permette al bambino di acquisire una nuova forma di indipendenza, applicabile nel gioco simbolico e nell'immaginazione.

Il gioco

Il gioco ha un'importanza fondamentale nello sviluppo del bambino. Esso ha, inoltre, una funzione sociale, di interazione e condivisione. Attraverso il gioco è possibile capire il bambino, il suo livello di sviluppo, le sue fantasie. È l'elemento principe delle psicoterapie infantili ed è utilizzato come sostegno per i bambini ospedalizzati che devono ricevere cure mediche. Secondo Freud il gioco permette al bambino di assimilare ed elaborare l'assenza della madre. Il bambino gestisce e diventa parte attiva, anziché passiva, di un evento potenzialmente pericoloso. Questa funzione è evidente nei giochi del "cucù" e del "nascondino" dove si unisce la partecipazione di altre persone (inizialmente la madre).

Il gioco permette al bambino di trovare sollievo alla sua angoscia interna proiettando sul gioco i suoi conflitti. Il bambino utilizza l'oggetto transizionale (che può essere un giocattolo, ma anche una copertina o un indumento) per affrontare l'autonomia e la separazione dalla madre. L'oggetto transizionale rappresenta la madre nella fantasia del bambino. È un oggetto al quale il bambino è molto attaccato, che lo rassicura. Il bambino può agire su questo oggetto sentendosi più forte e sicuro.

I giochi, poi, sono occasioni di scambi sociali per il bambino. Il gioco del bambino con la madre è un gioco inizialmente ripetitivo in cui entrambi i membri hanno delle aspettative. Poi, la madre attua una "violazione" del gioco suscitando grande ilarità nel bambino che chiede di continuare. Queste ripetizioni e violazioni hanno un significato fondamentale: consentono al bambino di vivere l'attesa, tollerare la frustrazione e anticipare la sorpresa.

L'acquisizione del linguaggio

Il bambino inizia a pronunciare le prime parole nel primo anno di vita, ad un anno e mezzo le prime frasi di due parole e nel giro di altri due anni arriva ad apprendere un ricco vocabolario e ad articolare frasi molto complesse. Anche se c'è un'ampia variabilità nei tempi, la successione delle tappe di acquisizione presenta una straordinaria regolarità. Le tappe sono: " il prelinguaggio: dalla nascita ad un anno, un anno e mezzo " il piccolo linguaggio": dai 10 mesi a 2,5-3 anni " il linguaggio: dai 3 anni in poi. Appartengono al prelinguaggio alcune pre-forme di linguaggio come il pianto del neonato che si evolve nel tempo, il cinguettio e la lallazione (dal primo mese di vita) e l'ecolalia (dal 6°-8° mese). Numerosissimi studi hanno dimostrato come le madri in breve tempo imparino a riconoscere il pianto del loro bambino e il suo significato. Le grida che inizialmente esprimono un generale disagio fisiologico, gradualmente, in base alle risposte della madre, diventano delle chiare comunicazioni di esigenze di accudimento fisico (fame, sete, caldo, freddo) o emotivo (vicinanza, condivisione, consolazione).

Il cinguettio e la lallazione sono due attività che compaiono dal primo mese di vita circa e sono fondamentali per la formazione delle coordinazioni neuromotorie articolatorie. Il cinguettio è un suono specifico in risposta a stimoli non specifici, la lallazione è caratterizzata da suoni vocalici o consonantici che vengono ripetuti e modulati. Dunque inizialmente il bambino produce suoni come "pa", "ma", "ta" e, successivamente, arriva a produrre forme più complesse come "papapa" e "mamama". Con il progredire della lallazione sembra che il bambino possa produrre (casualmente) tutti i suoni possibili.

L'ecolalia è una sorta di dialogo tra genitori e bambino. I genitori parlano e il bambino risponde con una melodia continua, omogenea. Successivamente il piccolo cerca di ripetere quello che gli viene detto e compaiono delle emissioni vocaliche o consonantiche più definite. Il contesto comunicativo nel quale il bambino è immerso è fondamentale. I genitori e soprattutto le madri sembrano avere una tendenza innata a parlare con il loro bambino in un modo caratteristico chiamato motherese o baby talk. È un modo di parlare ritmato che enfatizza i suoni e inoltre è più alto (un'ottava in più). Non solo, le osservazioni sui bambini molto piccoli hanno evidenziato come fin dalle prime settimane di vita il bambino instauri con le persone che lo accudiscono una sorta di dialogo. Questo si può osservare anche nell'allattamento al seno. Le pause che si osservano nella suzione del bambino sembra che abbiano la funzione di favorire l'interazione con la madre. Più avanti il bambino emette un suono e poi rimane in attesa che la madre risponda con un altro suono, con una carezza o uno sguardo. Le pause sono altresì presenti nei dialoghi tra gli adulti: una persona parla, si ferma e a quel punto può iniziare a parlare l'altra. Il bambino piccolissimo partecipa da subito a degli intensi scambi, che, anche se non verbali, hanno un chiaro scopo comunicativo.

A 10 mesi (e fino ai 2,5-3 anni) inizia il piccolo linguaggio. Le prime parole compaiono in una situazione di ripetizione e imitazione, come l'ecolalia. Ad un anno di vita il bambino possiede circa 5-10 parole, ad un anno e mezzo circa 50-80 e a due anni circa 200, con grandi differenze individuali. Le prime 50 parole non sono di solito le parole più utilizzate dai genitori, ma quelle che si riferiscono alle cose più interessanti per il bambino.

In genere, prima dei 18 mesi, compare la cosiddetta "parola frase" o "olofrase". È una parola singola che il bambino utilizza per esprimere ciò che gli adulti direbbero con una proposizione. Il significato è legato al contesto e a ciò che il genitore ritiene che il bambino stia dicendo. Il bambino può dire "papà" che può prendere il significato di "arriva papà", "voglio papà" o "papà è uscito". Ad un anno e mezzo circa il bambino comincia a costruire le prime frasi di due parole, senza elementi accessori come avverbi o articoli. Non si tratta dell'accostamento di due olofrasi e questo lo si può notare dall'intonazione. La prima parola è, in genere, ascendente mentre la seconda è accentuata e discendente, indicando dunque la fine della frase. Questo viene chiamato anche "linguaggio telegrafico". Inoltre nello stesso periodo appare la negazione, ossia il bambino comincia a dire "no".

Il periodo del linguaggio è il più complesso e più lungo. Dai 3 anni e mezzo ai 5 il bambino può apprendere intorno alle 1500 parole. L'arricchimento è sia qualitativo che quantitativo. L'arricchimento procede a partire "dal basso", con una attività libera, quindi sulla base del piccolo linguaggio il bambino utilizza la sua grammatica autonoma e "dall'alto", con una attività mimetica, utilizzando il modello adulto e acquisendo nuovi elementi che saranno poi immessi nell'attività libera. Intorno ai tre anni il bambino comincerà ad usare "io" e a sostituirlo al "me". A differenza delle altre forme di comunicazione il linguaggio permette di comunicare in modo simbolico, di utilizzare le parole per designare qualcosa che non c'è. Il linguaggio permette quindi di acquisire una nuova forma di indipendenza, applicabile nel gioco simbolico e nell'immaginazione.