Demenze corticali

Demenze corticali

Questo tipo di demenze sono così definite perché colpiscono principalmente le strutture della corteccia cerebrale e si caratterizzano per deterioramenti a livello cognitivo, della memoria e del linguaggio. Si differenziano quindi dalle demenze sottocorticali, che colpiscono principalmente strutture che si trovano al di sotto della corteccia cerebrale e si caratterizzano per deterioramenti a livello della personalità, della sfera emotiva e delle funzioni motorie.

Malattia di Alzheimer

Si tratta di una malattia del sistema nervoso centrale, è la più comune causa di demenza e rappresenta la terza causa di morte nei paesi occidentali. Circa il 50-70% delle persone che soffrono di demenza sono affette dalla malattia d'Alzheimer. Il rischio di ammalarsi aumenta con l'età. Esiste meno di una possibilità su mille di ammalarsi prima dei 65 anni, mentre, oltrepassata questa soglia il rischio sale ad una persona su 20, per arrivare a 2-4 persone su 10 dopo gli 85 anni. In Italia si contano 500.000 persone affette da Alzheimer e si stima che entro il 2050 questo numero raddoppierà. La durata media della malattia è di 10 anni.

La malattia di Alzheimer non ha una causa conosciuta. Nel corso degli anni sono state fatte, però, molte scoperte sui diversi fattori di rischio. Non esistono prove che evidenzino la predisposizione di particolari gruppi di persone a sviluppare la malattia. La posizione geografica, la razza, la posizione socio-economica non risultano essere fattori determinanti. Nell'attesa di scoprire quale sia l'origine dell'Alzheimer, la ricerca si è focalizzata su alcune ipotesi. Alcuni studiosi ritengono che non sia da escludere una causa virale. Si tratterebbe dunque di un virus capace di portare alla degenerazione cerebrale. Un'altra ipotesi, che potrebbe anche essere collegata, riguarda il cambiamento della permeabilità della barriera ematoencefalica. Questa è, infatti, una barriera protettiva che impedisce ad agenti tossici e a determinate sostanze di penetrare nelle cellule neurali. In caso di cambiamento della permeabilità ci potrebbe essere l'ingresso di queste sostanze e quindi un danno alle strutture cerebrali. Un'altra idea allo studio da parte dei ricercatori è la malattia di Alzheimer come malattia autoimmune. Secondo questa ipotesi potrebbe essere possibile che il sistema immunitario inizi ad attaccare selettivamente i neuroni che producono uno specifico neuritrasmettitore: l'acetilcolina. Infine sono stati fatti molti studi per indagare una possibile ereditarietà di questa forma così diffusa di demenza. Una chiara eredità dominante è stata dimostrata solo in alcune famiglie ed è riferibile, comunque, solo un'esigua percentuale dei pazienti affetti da Alzheimer: l'uno per cento.

Per quanto riguarda l'Alzheimer ad insorgenza precoce sono state rilevate delle mutazioni a carico del cromosoma 21 e 14. Probabilmente il più importante fattore di rischio riconosciuto è la presenza del tipo E4 dell'apolipoproteina (ApoE-e4). L'apolipoproteina è una molecola che trasporta il colesterolo nel sangue. Nel sistema nervoso centrale è prodotta dalle astroglia (vedi dossier "La mente e il cervello") ed è implicata nella crescita e nella riparazione del sistema nervoso. Allo stato attuale si ritiene che il rischio risulti quadruplicato nel 10 per cento dei soggetti che presentano la forma E4 di questa molecola.

Per quanto riguarda la diagnosi della malattia non si può parlare di diagnosi precoce in quanto i primi sintomi si manifestano, nella maggior parte dei casi, quando già le cellule nervose hanno iniziato un processo di degenerazione o sono morte. Le manifestazioni caratteristiche dell'Alzheimer sono rappresentate da due strutture anomale che si ritrovano nel cervello dei pazienti affetti: le placche senili (amiloidi) e gli intrecci neurofibrillari.

Le placche amiloidi sono degli ammassi di dendriti, assoni e cellule gliali aggregati da un peptide amiloide. (Gli amiloidi sono un tipo di proteina). Sono dunque dei raggruppamenti di neuroni in fase di degenerazione che contengono queste anomale proteine definite peptici amiloidi. Queste placche si possono riscontrare anche nei soggetti anziani non affetti da malattia di Alzheimer ma in numero minore. Nei malati le strutture cerebrali più attaccate sono il sistema limbico e l'ippocampo. Gli intrecci neurofibrillari si trovano all'interno del corpo cellulare dei grandi neuroni come quelli dell'ippocampo, dell'amigdala e della corteccia olfattiva. Sono fasci di filamenti composti da fibrille disposte ad elica. Si pensa che siano presenti delle proteine anomale. Anche nel caso degli intrecci neurofibrillari non si può parlare di "causa" della malattia, in quanto si ritrovano in altre forme di demenza e in soggetti normali. Nel cervello dei pazienti si riscontrano inoltre atrofia corticale (soprattutto al livello dell'ippocampo e di altre aree limbiche) e degenerazione sinaptica. Infatti, le sinapsi diminuiscono in numero e quelle presenti vanno incontro ad un processo degenerativo. Questi elementi hanno fatto pensare che la demenza possa essere collegata alla difficoltà di comunicazione tra i vari neuroni.

I primi sintomi della malattia sono spesso misconosciuti e attribuiti semplicemente all'invecchiamento. Essi sono per lo più rappresentati da disturbi della memoria e del linguaggio. Col progredire della malattia si ha una modificazione del carattere, i pazienti possono diventare aggressivi, avere disturbi d'ansia e depressivi. Il decorso della malattia può essere schematizzato in quattro fasi:

  • fase iniziale: i sintomi principali sono il disorientamento lieve temporale con difficoltà a ricordare gli eventi recenti, difficoltà nel trovare le parole per esprimersi e riduzione dell'iniziativa
  • fase intermedia: aumentano i disturbi della memoria e del linguaggio con difficoltà anche nella comprensione. Il disorientamento è sia temporale che spaziale. Possono essere presenti deliri e allucinazioni e il malato necessita di qualcuno che lo controlli nello svolgimento delle attività quotidiane
  • fase avanzata: il malato perde completamente la sua autonomia e necessita di assistenza anche per le attività più semplici. Il deterioramento cognitivo risulta avanzato e si osserva in questa fase la perdita del linguaggio. Viene inoltre perso il controllo degli sfinteri
  • fase terminale: è caratterizzata da apatia, inerzia, perdita totale delle funzioni cognitive. Il soggetto non riesce a camminare e ad alimentarsi. C'è una perdita di peso e gravi complicazioni fisiche come polmoniti e ulcere.

Alcuni farmaci sono stati approvati per il trattamento sintomatico delle prime fasi della malattia. Si tratta dei farmaci colinergici. Come già osservato, nella malattia d'Alzheimer vengono attaccati e distrutti i neuroni che producono il neurotrasmettitore acetilcolina. Nelle situazioni normali, dopo che l'acetilcolina ha svolto la sua funzione di comunicazione tra un neurone e l'altro, essa viene distrutta da un enzima in quanto il suo accumulo risulterebbe dannoso. Dato che è stato osservato che il cervello dei pazienti presenta una quantità insufficiente di acetilcolina, sono stati studiati farmaci che agiscono inibendo l'enzima che distrugge l'acetilcolina. Queste terapie, se da una parte si sono dimostrate efficaci nel rallentare il peggioramento di alcuni pazienti, dall'altra non possono considerarsi risolutive in quanto non impediscono la degenerazione e la distruzione dei neuroni. Un'altra possibilità è quella di sviluppare dei farmaci che "mimino" l'azione dell'acetilcolina. Anche in questo caso non si tratta di farmaci risolutivi, ma di terapie che permettono ai pazienti di mantenere più a lungo le loro capacità.

Accanto ai farmaci colinergici che si rivelano utili nel trattamento dei sintomi sono attualmente allo studio i cosiddetti farmaci protettivi, dei farmaci che possano proteggere le cellule nervose dai danni provocati dalla malattia e riparare quelle ormai danneggiate. L'interesse verte su tre classi principali di farmaci: gli estrogeni, gli anti-ossidanti e gli anti-infiammatori. Infine le speranze sembrano concentrarsi sulla possibilità di somministrare l'NGF (il fattore di crescita nervosa). Questo si è rivelato capace, negli animali, di prevenire la degenerazione nervosa dei neuroni colinergici. I problemi riguardano però la possibilità che il NGF possa raggiungere il cervello. Infatti se somministrato per via orale viene distrutto dai succhi gastrici, mentre se somministrato tramite iniezione non riesce a superare la barriera emato-encefalica. Di conseguenza si stanno cercando molecole con un'azione simile, ma più piccole o delle sostanze che combinate ai farmaci permettano di oltrepassare la barriera e giungere al cervello.

Malattia di Creutzfeld-Jacob

Si tratta di una malattia rara che colpisce, nella maggior parte dei casi a partire dalla sesta-settima decade di vita. Appartiene alla famiglia delle encefalopatie spongiformi umane. I sintomi sono per lo più di tipo psichiatrico e neurologico. Il cervello dei malati assume un aspetto spugnoso con accumulo di sostanza amiloide che porta alla degenerazione dei neuroni. Questa degenerazione cerebrale conduce inizialmente ad astenia e difficoltà di concentrazione per arrivare a manifestazioni depressive e schizofreniche. Il malato giunge, infine, ad uno stato vegetativo e nell'arco di 6 mesi, in genere, sopraggiunge la morte.

Nell'ultimo decennio questa malattia ha destato molta preoccupazione in quanto è stata messa in relazione con l'encefalopatia spongiforme bovina, meglio nota come "morbo della mucca pazza". La possibilità di un legame tra le due malattie è stata evidenziata nel 1996 in una dichiarazione delle Autorità del Regno Unito in seguito alla rilevazione di un certo numero di casi che presentavano una variante dell'encefalopatia umana. Questi soggetti venivano colpiti "precocemente" avendo, infatti, un'età compresa tra i 19 e 41 anni ed inoltre il decorso della loro malattia era relativamente lungo (13 mesi).

Nell'essere umano questa malattia ha, nel 10-15 per cento dei casi un'origine ereditaria o è dovuta a trapianti nei quali i tessuti trapiantati provenissero di individui infetti. Non è mai stata, invece, trovata una contagiosità da uomo a uomo. In assenza di dati più chiari le misure preventive si sono incentrate sul divieto di consumare carni bovine potenzialmente infette o, come in Italia, sul divieto di consumarne alcune parti, considerate più a rischio.

Malattia di Pick

La malattia di Pick è una malattia che tende a manifestarsi in tarda età (quinta o sesta decade) anche se la letteratura descrive pazienti molto giovani. Essa è caratterizzata a livello macroscopico da un'atrofia dei lobi frontali e temporali e a livello microscopico da una perdita dei neuroni della corteccia e da neuroni che appaiono come rigonfi. La causa della malattia non è conosciuta e nel 20 per cento dei casi è stata riscontrata una familiarità. I sintomi principali sono:

  • disturbi dell'emotività
  • alterazione della personalità
  • perdita della capacità di giudizio
  • disturbi del linguaggio.


La morte in questi pazienti sopraggiunge di solito in un intervallo che varia dai 2 ai 15 anni.